Siamo tutti ignoranti

 

Siamo tutti sostanzialmente ignoranti.

La mente umana ha due facce. Da un lato ha consentito di andare sulla Luna e di sequenziare il nostro genoma, dall’altro è spesso incline all’errore e all’irrazionalità.

Sloman e Fernbach (2017) sostengono che sopravviviamo e prosperiamo nonostante i nostri difetti cognitivi perché viviamo immersi in contesto da cui è possibile attingere costantemente informazioni e competenze.

Spesso però presumiamo di sapere più di quanto sappiamo realmente. Non abbiamo la piena conoscenza delle cose che ci circondano. Non conosciamo nemmeno come funzionano gli oggetti che usiamo più spesso. Come funziona il motore di un’auto? Quali sono tutte le sue parti? Quali sono le regole della fisica su cui si basa il suo funzionamento?

Richard Feynman (premio Nobel per la fisica nel 1965) sosteneva che “puoi imparare il nome di un uccello in tutte le lingue umane: in inglese, in spagnolo, in portoghese, in giapponese, in cinese ... e quando avrai finito con tutto questo ... non saprai assolutamente nulla dell’uccello ... conoscerai solo il modo in cui gli uomini lo chiamano nei diversi posti del mondo”.

“puoi imparare il nome di un uccello in tutte le lingue umane: in inglese, in spagnolo, in portoghese, in giapponese, in cinese ... e quando avrai finito con tutto questo ... non saprai assolutamente nulla dell’uccello ... conoscerai solo il modo in cui gli uomini lo chiamano nei diversi posti del mondo” Richard Feynman

Conoscere l’esistenza e il nome di qualcosa non significa infatti comprenderne realmente la natura e le caratteristiche.

A volte questa illusione di conoscenza consente di passare all’azione e magari anche di fare nuove scoperte (qui il riferimento è a Cristoforo Colombo che, convinto di andare nelle Indie, si ritrova in America).

Altre volte, però, l’illusione di conoscenza è la cosa che ci tiene inchiodati nella nostra condizione di ignoranza. Avere a disposizione la conoscenza non significa avere conoscenza di qualcosa.

Perché?

La possibilità di ricercare le informazioni non rappresenta che un presupposto del vero apprendimento e della formazione della conoscenza.

Servono poi la curiosità e la disciplina dell’apprendimento e dello studio attento delle relazioni fra i diversi elementi informativi che ricerchiamo.

Sono invece elementi dannosi la non consapevolezza, l’eccesso di fiducia, la voglia di ricercare tutto ciò che conferma le nostre convinzioni, il limite di attenzione e la distrazione (auto-prodotta o indotta), la prospettiva di breve periodo e la superficialità.

Non siamo consapevoli della nostra ignoranza. Questo ci porta a non fare approfondimenti sui problemi o sulle domande che ci vengono poste e quindi ci lascia inevitabilmente immersi nella condizione di partenza.

Avere un eccesso di fiducia è spesso una condizione naturale degli esseri umani. L’effetto è quello della sopravvalutazione delle proprie conoscenze e abilità nello svolgere qualsiasi compito (ad esempio, guidare un’auto o investire denaro).

La voglia di ricercare una conferma delle nostre convinzioni è altrettanto pericolosa. Assieme alla non consapevolezza e all’eccesso di fiducia ci porta a non accettare le proposte che potrebbero invece metterle in discussione le nostre certezze. Qualora si tratti di fare approfondimenti, si presterà attenzione a tutto ciò che conferma le nostre posizioni di partenza.

Proprio l’attenzione è una risorsa scarsa ma necessaria all’apprendimento. Un deficit di attenzione può portare a una sovrastima del ruolo causale (salienza) delle informazioni che abbiamo a nostra disposizione. Vince quello che attira maggiormente la nostra attenzione. Questo i provider di informazioni lo sanno bene e competono in tutti modi per emergere come fonti primarie e attendibili.

Qual è la prospettiva di apprendimento che abbiamo? La scelta è fra breve e medio lungo periodo. Il valore dell’investimento nell’approfondimento è spesso in contrasto con un bisogno immediato di trovare delle risposte, anche se superficiali e non sempre riguardanti tematiche pertinenti con la domanda iniziale.

Evitare la superficialità è quindi una condizione essenziale per comprendere realmente qualcosa.

Ma quale è la scintilla che ci porta a fare questi approfondimenti? Cosa determina la voglia di conoscenza? Una sana curiosità su tutto ciò che ci circonda, il suo indirizzo su ambiti specifici a partire dalle nostre passioni e la disciplina nel seguire un metodo appropriato.

Cosa determina la voglia di conoscenza? Una sana curiosità su tutto ciò che ci circonda, il suo indirizzo su ambiti specifici a partire dalle nostre passioni e la disciplina nel seguire un metodo appropriato.

Coltivare la curiosità, assecondare le proprie passioni e un approccio disciplinato all’apprendimento sono elementi che, se sviluppati fin da bambini, possono fare tutta la differenza per avere un mondo migliore, dove la conoscenza non è solo è più ampia ma è anche più sfruttabile.

Del resto, maggiore è la nostra conoscenza, migliori sono le domande che possiamo porci per comprendere quello che ancora non sappiamo e avere un impatto positivo sul mondo.

Maggiore è la nostra conoscenza, migliori sono le domande che possiamo porci per comprendere quello che ancora non sappiamo e avere un impatto positivo sul mondo.

Ecco, siamo tutti sostanzialmente ignoranti. Rendersene conto però fa la differenza fra chi cerca di comprendere e chi invece pensa già di sapere tutto.

Vincenzo Farina

www.vincenzofarina.com

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